Periodicamente mi chiedo come mai i Giallorenzo non abbiano più seguito di quello che hanno attualmente. Arrivati al quarto disco, sembra che non vogliano abbassare l’asticella della loro musica. So che è un ragionamento che dovrebbero fare tutti gli artisti, purtroppo però, specialmente chi fa del pubblicare musica il proprio lavoro, non sempre riesce a non scendere a compromessi.
Purtroppo o per fortuna (credo) nessuno di loro fa musica di lavoro e quindi riescono ancora a pubblicare dischi che abbiano senso di esistere, perché sono carichi di esperienze e di vita.
L’immaginario visivo del disco è tutto ispirato alla piazza Ermete Novelli di Milano, luogo in cui ha lavorato il signor Giallorenzo.
Inni e canti è un album che ci ha messo un po’ ad arrivarmi rispetto ai precedenti, ma forse è arrivato più in profondità.
Il disco per la prima volta ha almeno una canzone scritta da ogni componente della band e questo lavoro corale si traduce sia in canzoni diverse perché scritte da persone diverse, ma anche in un senso di coesione che si può apprezzare appieno solo vedendoli suonare dal vivo.
Il disco si apre con una intro strumentale (se non vado errato) cornamusa e fisarmonica, suonate (sempre se non vado errato) dal padre e dal fratello di Giovanni Pedersini, uno dei membri della band. Al concerto che hanno fatto all’ARCI Bellezza per presentare il progetto, hanno suonato proprio loro, in mezzo al pubblico.
Vi ho già parlato nella newsletter di quanto io capisca poco di quello che vogliono dire questi ragazzi nelle canzoni e vi assicuro che anche questa volta non sarà diverso.
Il primo brano cantato infatti è NON FA MALE che nel ritornello recita “C’è un dolore ben nascosto tra la brina ed il cemento”. Cosa vuol dire?! Ah non lo so. So solo che questa canzone parla di tutto e allo stesso tempo di niente. L’ultima frase, detta con la strumentale che finisce appena prima della termine dell’ultima parola però dà un po’ senso a tutto.
“E non fa male fino a quando non fa male tutto a un tratto”. Non so se è il significato con cui è stata concepita la canzone, ma tutte le cose che vediamo ogni giorno ci passano davanti agli occhi come se nulla fosse, quasi come non esistessero, eppure ad un certo punto succede qualcosa e tutto diventa insopportabile, fastidioso a tratti anche doloroso, così, tutto a un tratto. Eppure è sempre stato tutto così visibile da essere invisibile, nascosto tra la brina ed il cemento.
PER UN’ALTRA è una canzone d’amore ma decisamente non canonica, un amore non stereotipato. Niente cuori spezzati o serenate d’amore, solo qualcuno che dorme male vicino alla persona che ama, ma non fa niente. Di qualcuno che non ha mai scritto canzoni per un’altra che non fosse lei, ma che comunque se ci fosse un incendio non andrebbe a cercarla. Non c’è un modo giusto di dimostrare l’amore, ma soprattutto non c’è un modo giusto di provarlo, quindi chi sono io per giudicare. Mi spingo solo a dire che sia un po’ un riassunto della vita di coppia, fatta di gioie, gesti d’amore, compromessi e tante, tante altre cose che è difficile anche comunicare.
FINALMENTE ORSO è l’unica canzone scritta da Fabio Copeta, il batterista. Io che ho un debole per le doppie voci e per le cornamuse non potevo chiedere di più. E come tutte le canzoni più belle dei Giallorenzo, non ho idea di che cazzo parli. Fra le tante possibili c’era quella di un partigiano che fra i boschi e le montagne si nasconde ed augura a suo figlio di vivere “solo e libero”. Anche perché si parla di un nemico che potrebbe trovarlo e di un figlio che potrebbe crescere da solo. Non mi convince a pieno, ma non fa niente la canzone è così bella che non mi serve neanche capirla. O forse è solo uno che sta cercando un orso e vorrebbe vederlo prima di morire.
AMICO è scritta e cantata da Giovanni Pedersini che ha anche un progetto solista davvero niente male. Sembra come se l’autore ci stia dicendo che non capisce più nulla della realtà in cui si trova e vorrebbe raccontare tutte queste perplessità al suo amico, ma non vuole trascinarlo con sé nel baratro. D’altronde questo amico pensa pure a sposarsi in un momento come così, come può interessarsi agli effetti collaterali della gentrificazione milanese?
SOLO invece è scritta dallo Zambe, mi rifiuto anche di cercare il suo vero nome, l’hanno sempre chiamato così e così lo chiamerò anche io. Lui è quello che di solito urla, quindi quando canta lui io sono contento perché si può gridare. Qua invece non si alza la voce, anzi si abbassa. Un sussurro che ci restituisce tutta l’insicurezza dell’autore riguardo la propria vita, le proprie scelte e il futuro.
MACCHINA che è scritta da Pietro Raimondi (in arte Montag), ci fa riflettere su quanto sarebbe molto più semplice se venissimo investiti da un’automobile della polizia. Sarebbe la fine di ogni nostro problema perché saremmo morti, ma non solo, ce ne saremmo andati anche in grande stile, come vittime dello stato, del braccio armato, della destra italiana e chi più ne ha più ne metta. E via di cortei in nostro nome, fiori all’incrocio e servizi al TG. Una fine in grande stile senza aver fatto niente per meritarsela.
INCONSOLABILE è una delle mie preferite dell’album. “Non riesco ad essere niente, riesco solo a sembrarmi un po’”, mi sembra il perfetto riassunto della mediocrità in cui viviamo più o meno tutti, nonostante il percepito dall’esterno probabilmente sia completamente diverso. Tante passioni, tanti hobby, tante cose iniziate e tante cose in cui non siamo davvero qualcuno.
Dopo forse c’è l’unica canzone che non mi è arrivata, quindi sarebbe disonesto parlare male (o bene) di qualcosa che non si ha compreso, nonostante sia ciò che sto facendo dall’inizio. Quindi di BRILLUCCICHIO non parlerò.
IRAN è uno dei tre singoli usciti prima del disco e devo dire che quel “Mitragliatoreeee” è molto liberatorio da cantare. Ignoro ancora una volta il significato di tutto ciò che venga detto nella canzone, ma è una bella canzone. Mi dà la parvenza di una di quelle cose che capisci ci sia una storia dietro, anche molto strutturata, ma non sai nulla. Intravedi che sarà interessantissimo, ma nessuno può dirti di più e quindi rimani con il dubbio.
PER QUALCOSA O QUALCUNO invece è stato il primo singolo uscito prima dell’uscita del disco. Per capirlo ho dovuto sentirlo cantato live. Forse la canzone meno criptica, più diretta, nonché la mia preferita. Diventare adulti fa schifo e sembra che sia tutto raccontato nel testo di questa canzone.
Se non lo avete già fatto, spero di avervi convinto ad ascoltare questo discone. Dura anche meno di mezz’ora quindi niente scuse. Se invece già lo avete ascoltato spero che lo abbiate consumato come ho fatto io, altrimenti spero di avervi spinto a farlo.
Mi sento solo di consigliarvi di andare a sentirli live anche se non li conoscete o li conoscete poco, vi fanno vivere le canzoni come pochi altri. A dicembre suonano al Magnolia e sarà la quinta volta che vado a sentirli dal vivo, non mi sono ancora stancato e questo qualcosa vorrà dire.
Periodicamente mi chiedo come mai i Giallorenzo non abbiano più seguito di quello che hanno attualmente. Arrivati al quarto disco, sembra che non vogliano abbassare l’asticella della loro musica. So che è un ragionamento che dovrebbero fare tutti gli artisti, purtroppo però, specialmente chi fa del pubblicare musica il proprio lavoro, non sempre riesce a non scendere a compromessi.
Purtroppo o per fortuna (credo) nessuno di loro fa musica di lavoro e quindi riescono ancora a pubblicare dischi che abbiano senso di esistere, perché sono carichi di esperienze e di vita.
L’immaginario visivo del disco è tutto ispirato alla piazza Ermete Novelli di Milano, luogo in cui ha lavorato il signor Giallorenzo.
Inni e canti è un album che ci ha messo un po’ ad arrivarmi rispetto ai precedenti, ma forse è arrivato più in profondità.
Il disco per la prima volta ha almeno una canzone scritta da ogni componente della band e questo lavoro corale si traduce sia in canzoni diverse perché scritte da persone diverse, ma anche in un senso di coesione che si può apprezzare appieno solo vedendoli suonare dal vivo.
Il disco si apre con una intro strumentale (se non vado errato) cornamusa e fisarmonica, suonate (sempre se non vado errato) dal padre e dal fratello di Giovanni Pedersini, uno dei membri della band. Al concerto che hanno fatto all’ARCI Bellezza per presentare il progetto, hanno suonato proprio loro, in mezzo al pubblico.
Vi ho già parlato nella newsletter di quanto io capisca poco di quello che vogliono dire questi ragazzi nelle canzoni e vi assicuro che anche questa volta non sarà diverso.
Il primo brano cantato infatti è NON FA MALE che nel ritornello recita “C’è un dolore ben nascosto tra la brina ed il cemento”. Cosa vuol dire?! Ah non lo so. So solo che questa canzone parla di tutto e allo stesso tempo di niente. L’ultima frase, detta con la strumentale che finisce appena prima della termine dell’ultima parola però dà un po’ senso a tutto.
“E non fa male fino a quando non fa male tutto a un tratto”. Non so se è il significato con cui è stata concepita la canzone, ma tutte le cose che vediamo ogni giorno ci passano davanti agli occhi come se nulla fosse, quasi come non esistessero, eppure ad un certo punto succede qualcosa e tutto diventa insopportabile, fastidioso a tratti anche doloroso, così, tutto a un tratto. Eppure è sempre stato tutto così visibile da essere invisibile, nascosto tra la brina ed il cemento.
PER UN’ALTRA è una canzone d’amore ma decisamente non canonica, un amore non stereotipato. Niente cuori spezzati o serenate d’amore, solo qualcuno che dorme male vicino alla persona che ama, ma non fa niente. Di qualcuno che non ha mai scritto canzoni per un’altra che non fosse lei, ma che comunque se ci fosse un incendio non andrebbe a cercarla. Non c’è un modo giusto di dimostrare l’amore, ma soprattutto non c’è un modo giusto di provarlo, quindi chi sono io per giudicare. Mi spingo solo a dire che sia un po’ un riassunto della vita di coppia, fatta di gioie, gesti d’amore, compromessi e tante, tante altre cose che è difficile anche comunicare.
FINALMENTE ORSO è l’unica canzone scritta da Fabio Copeta, il batterista. Io che ho un debole per le doppie voci e per le cornamuse non potevo chiedere di più. E come tutte le canzoni più belle dei Giallorenzo, non ho idea di che cazzo parli. Fra le tante possibili c’era quella di un partigiano che fra i boschi e le montagne si nasconde ed augura a suo figlio di vivere “solo e libero”. Anche perché si parla di un nemico che potrebbe trovarlo e di un figlio che potrebbe crescere da solo. Non mi convince a pieno, ma non fa niente la canzone è così bella che non mi serve neanche capirla. O forse è solo uno che sta cercando un orso e vorrebbe vederlo prima di morire.
AMICO è scritta e cantata da Giovanni Pedersini che ha anche un progetto solista davvero niente male. Sembra come se l’autore ci stia dicendo che non capisce più nulla della realtà in cui si trova e vorrebbe raccontare tutte queste perplessità al suo amico, ma non vuole trascinarlo con sé nel baratro. D’altronde questo amico pensa pure a sposarsi in un momento come così, come può interessarsi agli effetti collaterali della gentrificazione milanese?
SOLO invece è scritta dallo Zambe, mi rifiuto anche di cercare il suo vero nome, l’hanno sempre chiamato così e così lo chiamerò anche io. Lui è quello che di solito urla, quindi quando canta lui io sono contento perché si può gridare. Qua invece non si alza la voce, anzi si abbassa. Un sussurro che ci restituisce tutta l’insicurezza dell’autore riguardo la propria vita, le proprie scelte e il futuro.
MACCHINA che è scritta da Pietro Raimondi (in arte Montag), ci fa riflettere su quanto sarebbe molto più semplice se venissimo investiti da un’automobile della polizia. Sarebbe la fine di ogni nostro problema perché saremmo morti, ma non solo, ce ne saremmo andati anche in grande stile, come vittime dello stato, del braccio armato, della destra italiana e chi più ne ha più ne metta. E via di cortei in nostro nome, fiori all’incrocio e servizi al TG. Una fine in grande stile senza aver fatto niente per meritarsela.
INCONSOLABILE è una delle mie preferite dell’album. “Non riesco ad essere niente, riesco solo a sembrarmi un po’”, mi sembra il perfetto riassunto della mediocrità in cui viviamo più o meno tutti, nonostante il percepito dall’esterno probabilmente sia completamente diverso. Tante passioni, tanti hobby, tante cose iniziate e tante cose in cui non siamo davvero qualcuno.
Dopo forse c’è l’unica canzone che non mi è arrivata, quindi sarebbe disonesto parlare male (o bene) di qualcosa che non si ha compreso, nonostante sia ciò che sto facendo dall’inizio. Quindi di BRILLUCCICHIO non parlerò.
IRAN è uno dei tre singoli usciti prima del disco e devo dire che quel “Mitragliatoreeee” è molto liberatorio da cantare. Ignoro ancora una volta il significato di tutto ciò che venga detto nella canzone, ma è una bella canzone. Mi dà la parvenza di una di quelle cose che capisci ci sia una storia dietro, anche molto strutturata, ma non sai nulla. Intravedi che sarà interessantissimo, ma nessuno può dirti di più e quindi rimani con il dubbio.
PER QUALCOSA O QUALCUNO invece è stato il primo singolo uscito prima dell’uscita del disco. Per capirlo ho dovuto sentirlo cantato live. Forse la canzone meno criptica, più diretta, nonché la mia preferita. Diventare adulti fa schifo e sembra che sia tutto raccontato nel testo di questa canzone.
Se non lo avete già fatto, spero di avervi convinto ad ascoltare questo discone. Dura anche meno di mezz’ora quindi niente scuse. Se invece già lo avete ascoltato spero che lo abbiate consumato come ho fatto io, altrimenti spero di avervi spinto a farlo.
Mi sento solo di consigliarvi di andare a sentirli live anche se non li conoscete o li conoscete poco, vi fanno vivere le canzoni come pochi altri. A dicembre suonano al Magnolia e sarà la quinta volta che vado a sentirli dal vivo, non mi sono ancora stancato e questo qualcosa vorrà dire.
Periodicamente mi chiedo come mai i Giallorenzo non abbiano più seguito di quello che hanno attualmente. Arrivati al quarto disco, sembra che non vogliano abbassare l’asticella della loro musica. So che è un ragionamento che dovrebbero fare tutti gli artisti, purtroppo però, specialmente chi fa del pubblicare musica il proprio lavoro, non sempre riesce a non scendere a compromessi.
Purtroppo o per fortuna (credo) nessuno di loro fa musica di lavoro e quindi riescono ancora a pubblicare dischi che abbiano senso di esistere, perché sono carichi di esperienze e di vita.
L’immaginario visivo del disco è tutto ispirato alla piazza Ermete Novelli di Milano, luogo in cui ha lavorato il signor Giallorenzo.
Inni e canti è un album che ci ha messo un po’ ad arrivarmi rispetto ai precedenti, ma forse è arrivato più in profondità.
Il disco per la prima volta ha almeno una canzone scritta da ogni componente della band e questo lavoro corale si traduce sia in canzoni diverse perché scritte da persone diverse, ma anche in un senso di coesione che si può apprezzare appieno solo vedendoli suonare dal vivo.
Il disco si apre con una intro strumentale (se non vado errato) cornamusa e fisarmonica, suonate (sempre se non vado errato) dal padre e dal fratello di Giovanni Pedersini, uno dei membri della band. Al concerto che hanno fatto all’ARCI Bellezza per presentare il progetto, hanno suonato proprio loro, in mezzo al pubblico.
Vi ho già parlato nella newsletter di quanto io capisca poco di quello che vogliono dire questi ragazzi nelle canzoni e vi assicuro che anche questa volta non sarà diverso.
Il primo brano cantato infatti è NON FA MALE che nel ritornello recita “C’è un dolore ben nascosto tra la brina ed il cemento”. Cosa vuol dire?! Ah non lo so. So solo che questa canzone parla di tutto e allo stesso tempo di niente. L’ultima frase, detta con la strumentale che finisce appena prima della termine dell’ultima parola però dà un po’ senso a tutto.
“E non fa male fino a quando non fa male tutto a un tratto”. Non so se è il significato con cui è stata concepita la canzone, ma tutte le cose che vediamo ogni giorno ci passano davanti agli occhi come se nulla fosse, quasi come non esistessero, eppure ad un certo punto succede qualcosa e tutto diventa insopportabile, fastidioso a tratti anche doloroso, così, tutto a un tratto. Eppure è sempre stato tutto così visibile da essere invisibile, nascosto tra la brina ed il cemento.
PER UN’ALTRA è una canzone d’amore ma decisamente non canonica, un amore non stereotipato. Niente cuori spezzati o serenate d’amore, solo qualcuno che dorme male vicino alla persona che ama, ma non fa niente. Di qualcuno che non ha mai scritto canzoni per un’altra che non fosse lei, ma che comunque se ci fosse un incendio non andrebbe a cercarla. Non c’è un modo giusto di dimostrare l’amore, ma soprattutto non c’è un modo giusto di provarlo, quindi chi sono io per giudicare. Mi spingo solo a dire che sia un po’ un riassunto della vita di coppia, fatta di gioie, gesti d’amore, compromessi e tante, tante altre cose che è difficile anche comunicare.
FINALMENTE ORSO è l’unica canzone scritta da Fabio Copeta, il batterista. Io che ho un debole per le doppie voci e per le cornamuse non potevo chiedere di più. E come tutte le canzoni più belle dei Giallorenzo, non ho idea di che cazzo parli. Fra le tante possibili c’era quella di un partigiano che fra i boschi e le montagne si nasconde ed augura a suo figlio di vivere “solo e libero”. Anche perché si parla di un nemico che potrebbe trovarlo e di un figlio che potrebbe crescere da solo. Non mi convince a pieno, ma non fa niente la canzone è così bella che non mi serve neanche capirla. O forse è solo uno che sta cercando un orso e vorrebbe vederlo prima di morire.
AMICO è scritta e cantata da Giovanni Pedersini che ha anche un progetto solista davvero niente male. Sembra come se l’autore ci stia dicendo che non capisce più nulla della realtà in cui si trova e vorrebbe raccontare tutte queste perplessità al suo amico, ma non vuole trascinarlo con sé nel baratro. D’altronde questo amico pensa pure a sposarsi in un momento come così, come può interessarsi agli effetti collaterali della gentrificazione milanese?
SOLO invece è scritta dallo Zambe, mi rifiuto anche di cercare il suo vero nome, l’hanno sempre chiamato così e così lo chiamerò anche io. Lui è quello che di solito urla, quindi quando canta lui io sono contento perché si può gridare. Qua invece non si alza la voce, anzi si abbassa. Un sussurro che ci restituisce tutta l’insicurezza dell’autore riguardo la propria vita, le proprie scelte e il futuro.
MACCHINA che è scritta da Pietro Raimondi (in arte Montag), ci fa riflettere su quanto sarebbe molto più semplice se venissimo investiti da un’automobile della polizia. Sarebbe la fine di ogni nostro problema perché saremmo morti, ma non solo, ce ne saremmo andati anche in grande stile, come vittime dello stato, del braccio armato, della destra italiana e chi più ne ha più ne metta. E via di cortei in nostro nome, fiori all’incrocio e servizi al TG. Una fine in grande stile senza aver fatto niente per meritarsela.
INCONSOLABILE è una delle mie preferite dell’album. “Non riesco ad essere niente, riesco solo a sembrarmi un po’”, mi sembra il perfetto riassunto della mediocrità in cui viviamo più o meno tutti, nonostante il percepito dall’esterno probabilmente sia completamente diverso. Tante passioni, tanti hobby, tante cose iniziate e tante cose in cui non siamo davvero qualcuno.
Dopo forse c’è l’unica canzone che non mi è arrivata, quindi sarebbe disonesto parlare male (o bene) di qualcosa che non si ha compreso, nonostante sia ciò che sto facendo dall’inizio. Quindi di BRILLUCCICHIO non parlerò.
IRAN è uno dei tre singoli usciti prima del disco e devo dire che quel “Mitragliatoreeee” è molto liberatorio da cantare. Ignoro ancora una volta il significato di tutto ciò che venga detto nella canzone, ma è una bella canzone. Mi dà la parvenza di una di quelle cose che capisci ci sia una storia dietro, anche molto strutturata, ma non sai nulla. Intravedi che sarà interessantissimo, ma nessuno può dirti di più e quindi rimani con il dubbio.
PER QUALCOSA O QUALCUNO invece è stato il primo singolo uscito prima dell’uscita del disco. Per capirlo ho dovuto sentirlo cantato live. Forse la canzone meno criptica, più diretta, nonché la mia preferita. Diventare adulti fa schifo e sembra che sia tutto raccontato nel testo di questa canzone.
Se non lo avete già fatto, spero di avervi convinto ad ascoltare questo discone. Dura anche meno di mezz’ora quindi niente scuse. Se invece già lo avete ascoltato spero che lo abbiate consumato come ho fatto io, altrimenti spero di avervi spinto a farlo.
Mi sento solo di consigliarvi di andare a sentirli live anche se non li conoscete o li conoscete poco, vi fanno vivere le canzoni come pochi altri. A dicembre suonano al Magnolia e sarà la quinta volta che vado a sentirli dal vivo, non mi sono ancora stancato e questo qualcosa vorrà dire.